Di JULIANA DE MARI
La conoscenza di sé, o la scoperta di se stessi, è un processo personale ed unico, che non può essere condizionato o imposto da modelli altrui.
La conoscenza di sé è sempre un’ottima cosa, vero? Voglio correre il rischio di dire che...dipende! Dipende dal modo in cui si sta affrontando il processo. La conoscenza di sé è un flusso continuo, che si rivela man mano che ci “investighiamo” e sperimentiamo; è uno sdoppiamento in termini di nuovi pensieri, sentimenti e comportamenti, tutti ben accetti.
Se il tuo cammino ti sta conducendo a riflessioni che ti fanno sentire più presente nella tua vita, questo è positivo, nonostante non sempre sia rapido o comodo. Ma se la scoperta di sé sta creando più “compiti” che comprensione o appagamento, attenzione!
Potremmo essere stati catturati da un’idea totalmente tossica di crescita, ed è possibile che stiamo associando alla conoscenza di sé esattamente ciò che non comporta: una visione perfetta di noi stessi! Quanto più ci conosciamo, meno abbiamo bisogno di nascondere le nostre mancanze e ferite. Quanto più ci scopriamo, più ci connettiamo alle nostre abilità, potenzialità e colori, poiché questo è ciò che siamo in quanto esseri umani.
Ho visto molte persone (genuinamente in cerca di evoluzione) farsi ammaliare da nuove abitudini. Non perché stessero funzionando meglio con quei nuovi criteri, ma solo perché stanno usando ciò che è stato applicato da altri come strumento per definire le esperienze valide per la propria vita. Il problema è che non tutto ciò che funziona per la vita altrui serve anche alla nostra.
Il modo in cui gli altri si comportano dovrebbe ispirarci, ma mai dettare la forma in cui comportarci noi stessi. Percepisci la differenza? Se continuiamo a rincorrere ciò che troviamo al di fuori come parametro per ciò che vogliamo esprimere da dentro, quello che abbiamo dentro può perdere molta forza. Non dovremmo sentirci in colpa in merito a cosa dovremmo fare per essere (o apparire) una persona che “prende cura di sé”.
I social media sono pieni di oppressione offerta come soluzione. Dobbiamo fare attenzione a non irrigidire il nostro contatto con la realtà a tal punto da trasformare la conoscenza di sé in un’altra forma di distrazione, o addirittura di prigione. Nel dubbio, rincorriamo i nostri valori (cos’è ciò che conta davvero per noi? come vogliamo sentirci facendo ciò che desideriamo?) e usiamo l’immaginazione per dare all’energia della creazione che è già dentro di noi, un movimento gentile e possibile al di fuori. Al nostro ritmo, a modo nostro, a partire dalle nostre credenze e dalla nostra prontezza a reagire, questo sarà sempre il modo migliore per conoscere se stessi.
Testo tradotto sotto licenza di @prosacoaching. Tutti i diritti sono riservati.
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